Follie di parole escono ora da quel baule chiuso e nascosto dentro di me.
Nascosto nei meandri del mio io, un io spaventato, un io ansioso, un io che per due lunghi anni non aveva avuto senso.
Poi ora ho trovato quel baule.
Un baule polveroso desideroso di essere spolverato, lucidato e aperto.
Ora quel baule deve rimanere qui, non voglio gettarlo, voglio custodirlo nella casa dei miei ricordi.
Posso lucidarlo e aprirlo ogni volta che ne ho bisogno, senza doverlo nascondere. Custodirlo qui, al suo posto, con la sua luce vicina in modo da poterlo ritrovare quando voglio.
Il baule, che bella metafora.
Qualcosa di casa, normalmente in soffitta o in cantina dove riponiamo le cose da conservare, quelle cose che non servono alla quotidianità ma servono all’animo, servono alla tua storia, alla storia della tua famiglia.
Quel posto dove i ricordi prendono forma, si materializzano in pezzetti di vita passata. Con il sapore dell’appartenenza. Quel sapore che allontana la solitudine.
Pianti e gioie, passioni, delitti, tradimenti, amori e vita si nascondono nei bauli di famiglia.
Il mio baule custodisce tutto questo, ma lui è anche pieno di sogni, pieno di ricordi del mio cammino fino a quel pomeriggio, pieno di paure e angosce di questi due anni, ma aprendolo ho trovato i miei sogni. E ho trovato me stesso, la mia identità.
Tutti abbiamo un baule e tutti lo riempiamo ogni giorno con le nostre azioni poi lo riponiamo al suo posto. Tremendo è non trovarlo.
Ecco io per due anni l’ho perso.
Ho perso probabilmente il senso di vita.
Preferirei dire ho perso il baule ma non è così.
Ho perso la voglia, la forza, l’energia della consapevolezza della mia vita.
Pian piano senza che potessi accorgermene il buio è entrato e ha portato un vento di morte e io sono scivolato nel buio, nella melma suicida dell’angoscia.
Ogni frammento di vita per me, era troppo. Troppo faticoso, troppo difficile, troppo triste. Pieno di solitudine la mia anima faticava a trovare pace e serenità.
Turbe di vita si annodavano creando nodi e intrighi difficili da dipanare. Tutto poi si aggrovigliava diventando pesante e indigesto.
Dosare poi era impossibile, il mio autismo mi invadeva con tutta la sua maestosa ossessione, non avevo le forze per addestrarlo e per contenerlo, trovava sempre la strada per emergere per devastarmi.
Ero e resto un ragazzo con autismo, ma sto impossessandomi di energie per contrastarlo.
Prima però devo poter riappropriarmi del mio baule.