Resto a battere il dito sul mio pc

Dare lavoro a noi giovani con fare un po’ bislacco, che sulle nostre cartelle è detto autismo, è un impresa onorevole e coraggiosa di una mamma solare e determinata di nome Stefania. Lei, che crede nell’uomo e crede in noi, mette a disposizione le sue competenze e il suo tempo per far sì che anche chi ha più difficoltà possa trovare un suo spazio attivo e dignitoso nel mondo dell’essere adulti.

Ha creato in poco tempo una cooperativa di lavoratori che offre servizi e crea impresa, Work-Aut, e la sua energia ha valicato i confini del suo paese, fino a raggiungere il Parlamento Europeo, dove è stata scelta come esempio da imitare.

Oggi per la seconda volta i miei amici ed io abbiamo fatto parte di questo gruppo che ostinatamente crede nelle nostre abilità. Ho conosciuto meglio Stefania che con fare da professionista ha predisposto il lavoro e con fare di mamma ci ha accompagnato nel farlo.

Tutto era veramente entusiasmante. Tutto mi faceva sentire pronto per una nuova avventura. Ero pronto a cercare di superare i miei limiti. Ero pronto a mettermi di nuovo alla prova su prassi a me ostiche. Ero pronto a cercare di essere almeno un po’ bravo nel governare questo corpo che una ne pensa ed un’altra ne fa. Ero pronto a dire: ok posso usare le mie mani per costruire qualcosa oltre che scrivere.

Insomma ero lì con i miei amici di brigata pronto a mettercela tutta. I nostri tutor esperti e previdenti si erano un po’ spaventati quando hanno visto che dovevamo usare le mani in modo troppo preciso per noi, e soprattutto per me. Ma non mettendoci ansie e facendo il loro lavoro di supporto ci hanno accompagnato nel fare un lavoro che è risultato troppo complesso. Ed io che mi conosco bene e non mi volevo arrendere, e volevo non far vincere le mie difficoltà mi sono dovuto ricredere.

Sono felice di essermi messo alla prova, sono felice di esserci andato non sopraffatto dall’ansia e sono alla fine felice di aver tastato ancora una volta con mano che il mio lavoro è quello che sto già facendo: scrivere. E l’esperienza di stamani mi ha dato la forza e l’energia di continuare la mia strada.

Cara Stefania io ti ringrazio infinitamente, ma resto a battere il dito sul mio pc. Se mi vuoi, se ne hai bisogno, posso farti da reporter.

I miei amici hanno avuto difficoltà diverse, loro hanno abilità diverse che stanno maturando in più campi, hanno un modo diverso dal mio di vedere il mondo ed io non so cosa gli riserva il futuro.  Io resto incatenato al mio mondo libero nella scrittura, non tutti sono abili nell’uso delle mani, io certamente no!

Ti ammiro, ammiro la tua generosità nel credere in noi, e ti ringrazio a nome di tutti noi in cerca di un futuro dignitoso e motivante. Spero che resterai mia amica.

Infinitamente grato, Carlo.

Parti in pace

Caro Abdul, caro amico fratello,
ti scrivo perché non sono in grado di usare la voce e con il corpo goffo e la mia mente sincera posso solo usare le parole scritte. E mi sento un po’ più capace nel dirti cosa penso.

Sono ormai sette anni che mi aiuti . Sono sette anni che mi affido a te per tutte quelle cose che da solo non so fare. Sono sette anni che con pazienza sopporti me e i miei, e un mondo che non ti appartiene, un mondo diverso dal tuo in molte cose. Un mondo dove regna l’esuberanza di ritmi frenetici e modalità contraddittorie. Una società che accoglie ed emargina con la stessa facilità. Un mondo che fa del bene recando del male. Un mondo dove la complessità delle relazioni può sembrare ostile. Un mondo che guardato da fuori è veramente folle.

Tu hai avuto la forza di non farti spaventare, di non lasciarti travolgere da questa superficialità, di non dimenticare la tua fede, ma di trarne la forza per accorgerti di quelle briciole di buono che questa società nasconde. Ti sei avvicinato alla nostra famiglia con occhi sereni, ti sei avvicinato a me accogliendomi senza mettere barriere. Ti sei accorto che io ti aspettavo, sicuro che saremmo diventati amici fratelli.

Ora vai a casa dopo anni che non torni, vai a sposare una donna che spero ti renderà felice. Vai da tua madre che ti aspetta come tutte le madri aspettano i figli lontani, col cuore pieno di amore e di nostalgia. Anche tu sei invaso di sentimenti che ti travolgono, anche tu forse ti senti ubriaco di emozioni. La felicità di ritornare a casa, la paura di farlo, la difficoltà del viaggio, la gioia di un nuovo cammino.

Per la prima volta dopo sette anni ci salutiamo per un lungo periodo. Per la prima volta dopo sette anni dovrò imparare a non averti al mio fianco. Ma parti, vai, sii felice. Vivi sereno questo periodo, lo hai cercato, atteso, costruito, ora vivilo con tutto te stesso.

Noi, io, ti aspettiamo, quando tornerai faremo festa e continueremo il nostro cammino. Parti in pace, che Allah sia con te.

Che cazzo! Non bastava l’autismo?

Poi poter scegliere fra mondo che vive e mondo che non fa vivere. 

Poter poi capire dove è il passaggio tra il mondo fuori, dove c’è quella che tutti chiamiamo vita, e quello che invece resta nascosto nel nostro interno e che forse a volte vorremmo non ascoltare o vorremmo non esistesse affatto, non ci impedisse di condurre una vita apparentemente ovvia, libera: resta un enigma da risolvere che mi trascina nell’immensità dell’infinito mistero dell’Io.

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Una serata jazz a Castel del Monte

Tra il desiderio di uscire di casa e la pigrizia di rimare nel mio mondo, nel mio giardino, mi sono ritrovato nella bellezza della vita.
La luna illuminava il cielo e dava un senso di pace al paesaggio, il castello illuminato emergeva con la sua maestosa eleganza e l’equilibrio della sua essenza riempiva l’animo di bellezza.
Poi il silenzio.
Poi le note della chitarra erano il giusto condimento al sapore di quel momento.
Il tempo si dilata nel momento in cui riesci ad assaporarne la bellezza.
Il momento della vita vissuta.
Il momento delle emozioni che cerchi di trattenere.
Il momento in cui cerchi di non perdere la magia di riuscire a percepire il mondo senza lottare con te stesso.
Poche volte riesco ad essere in questa magia dove per un motivo oscuro tutto è in ordine, niente mi crea percezioni stridenti che non riesco a controllare.
Mille stimoli che non entrano in conflitto col mio corpo, mille percezioni in equilibrio.
Trovare questo equilibrio non dipende da me o da altrui facezie, non posso controllarlo, posso sognarlo, posso cercarlo, posso pregare.
Quando il miracolo avviene devo assaporarlo fino in fondo, devo gustarlo con tutte le cellule del mio corpo sperando che non mi abbandoni troppo presto.
Devo assaporare la magia della vita e rimanere congelato, in apnea, nella sua essenza, nella sua bellezza.

Il futuro o il presente?

Poi, mentre riposo, io penso. Ma non penso a fermare momenti, penso molto a momenti in movimento. Penso a come la vita è volatile, a come un attimo può determinare cambiamenti che non sono programmabili, a come basta poco una parola, un atteggiamento tuo o di altri e vieni travolto da situazioni imprevedibili. E neanche lo stare fermi, immobili ti può proteggere dalla velocità del cambiamento, dalla velocità della vita.

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È Natale?

Un giorno di fine anno: è finito l’autunno, inizia l’inverno. Fa freddo fuori, ma il freddo peggiore è dentro di me. Ho un golf leggero bianco candido che riscalda le mie membra, ma non può scaldare i pensieri che mi scorrono dentro, non può portare gioia. Mi sento sofferente come le storie che ho raccolto in questi giorni. Poi le ferite della vita portano segni nel cuore.

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Ho ripreso a lottare

Mattine con la luce che entra e ti porta l’energia della vita, pomeriggi in casa in attesa della sera, il buio che arriva presto ti impigrisce, fa venire la voglia di sprofondare nel divano e di mollare le tue membra avvolte dalle coperte ed andare in letargo. Ecco che arriva l’inverno. Ecco che giochi di luce ed ombra portano l’alternanza dei ritmi biologici.

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Settanta volte sette

Un pensiero percuote in questi giorni le mie ore di silenzio: posso io essere tutt’uno con Gesù?
Dentro il mio pensiero felice sarei, poter essere con Gesù mi rasserena.

Fregato nel corpo ma non nel potere di credere.
Il potere amorevole di Dio, forti rende i miei sacrifici.

Settanta volte sette perdono tutti coloro che mi hanno offeso nel corpo e nell’animo. Senza rancore tutelo il mio corpo, senza paura affido un po’ del potere che ho.