
Caro Abdul, caro amico fratello,
ti scrivo perché non sono in grado di usare la voce e con il corpo goffo e la mia mente sincera posso solo usare le parole scritte. E mi sento un po’ più capace nel dirti cosa penso.
Sono ormai sette anni che mi aiuti . Sono sette anni che mi affido a te per tutte quelle cose che da solo non so fare. Sono sette anni che con pazienza sopporti me e i miei, e un mondo che non ti appartiene, un mondo diverso dal tuo in molte cose. Un mondo dove regna l’esuberanza di ritmi frenetici e modalità contraddittorie. Una società che accoglie ed emargina con la stessa facilità. Un mondo che fa del bene recando del male. Un mondo dove la complessità delle relazioni può sembrare ostile. Un mondo che guardato da fuori è veramente folle.
Tu hai avuto la forza di non farti spaventare, di non lasciarti travolgere da questa superficialità, di non dimenticare la tua fede, ma di trarne la forza per accorgerti di quelle briciole di buono che questa società nasconde. Ti sei avvicinato alla nostra famiglia con occhi sereni, ti sei avvicinato a me accogliendomi senza mettere barriere. Ti sei accorto che io ti aspettavo, sicuro che saremmo diventati amici fratelli.
Ora vai a casa dopo anni che non torni, vai a sposare una donna che spero ti renderà felice. Vai da tua madre che ti aspetta come tutte le madri aspettano i figli lontani, col cuore pieno di amore e di nostalgia. Anche tu sei invaso di sentimenti che ti travolgono, anche tu forse ti senti ubriaco di emozioni. La felicità di ritornare a casa, la paura di farlo, la difficoltà del viaggio, la gioia di un nuovo cammino.
Per la prima volta dopo sette anni ci salutiamo per un lungo periodo. Per la prima volta dopo sette anni dovrò imparare a non averti al mio fianco. Ma parti, vai, sii felice. Vivi sereno questo periodo, lo hai cercato, atteso, costruito, ora vivilo con tutto te stesso.
Noi, io, ti aspettiamo, quando tornerai faremo festa e continueremo il nostro cammino. Parti in pace, che Allah sia con te.