Assertivo e asservito

Devo essere forte per resistere ai tumulti della vita. Lavoro incessantemente per trasformare i miei limiti in risorse, sono voluttuoso e pignolo. Faccio di tutto per non odiarmi quando parto con le mie esasperazioni. Posso niente e posso tutto.

Cavalco la vita senza lanciarmi in esagerazioni, poi libero la mia potenza quando scrivo. Vedo il mio potere trasformarsi in forza e voglio attraversare queste strade dove viaggio, fino a quando la mia volontà reggerà.

Adesso ho bisogno di fare tutto quello che è in mio potere per raggiungere uno spazio di libertà. Trovo la forza per tutto, poi basta un piccolo rumore per far saltare il banco, solo un insignificante rumore.

Poi devo reagire a questo, assertivo e asservito alle mie stranezze. La mia vita è infestata di fantasmi, non solo notturni, ma anche stordita da strani suoni e rumori che aprono finestre ancestrali sul mondo, girano soli e dannosi per me e per gli altri.
Combatto una guerra persa in partenza. Salvato solo dalla scrittura che mi consente di neutralizzarli.

Poi opero una strategia per tentare di vincerli, devono fallire nel loro intento, devono tornare nell’oscurità da dove sono usciti. Con forza spingo il pedale, apprendo che posso scaraventarli dalla finestra e allora capisco che io ho il potere di essere quello che voglio essere.

Frenare ora non è possibile, solo andare avanti senza esitazioni. Manca la sicurezza di non poter liberare la massima potenza, ma si deve oltrepassare il limite: la mia libertà sta tutta qui. La libertà non è fare tutto quello che si vuole quando si vuole, ma è un esercizio quotidiano di espressione del proprio essere. Essere se stessi anche quando tutto ti chiede di essere qualcos’altro.

Io levo le nostre maschere, levo i fragili orpelli dove non servono, ascolto il mio cuore e sento che mi spinge oltre il confine della realtà.

Sperare di non affondare la mia vera natura, spero di non nascondere il mio animo, di vedere cosa sono nella realtà.

Salto nel buio, so che qualcosa troverò nella luce in fondo al tunnel, ma ora devo concentrarmi su il mio lavoro di studio. Non posso perdere tempo con i miei fantasmi, ora non posso più giocare con voi.

8 pensieri riguardo “Assertivo e asservito

  1. Ciò che scrivi, Carlo, ha una potenza che mi obbliga alla rilettura.
    Più volte.
    Perché i livelli di percezione e riflessione e apertura di viaggio (anche interiore) che mi offri sono molteplici.
    Quello che scrivi mi riguarda.
    Ed ha la bellezza della poesia

    La guerra è già vinta, invece.
    Silvia

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  2. ..conoscevo già la tua profonda interiorità mescolata ora in questo scritto in un evidente possesso di forte personalità..

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  3. Ed è vero: basta un rumore, un insignificante rumore.
    Anche per me. Per ciascuna persona. Per ogni cosa.
    Quanto si espande il confine dell’insignificanza?
    Quanto è insignificante un fruscio?
    Il rumore di un’onda?
    Di uno tsunami?
    Eppure bastano.
    Hanno conseguenze.
    Sempre.
    Forse l’insignificante non esiste?

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  4. Sì, forse è la scelta migliore, lasciar perdere i fantasmi e buttarsi nel lavoro. Quale? La scrittura, lo studio, sì, ma come finalizzarli? Quale la meta? 30 anni fa sono venuto a vivere in un microscopico borgo dell’alta maremma toscana, invidiato da tutti i miei amici milanesi: ah, la natura, i sapori autentici, rapporti umani sinceri, il mar Tirreno a due passi! Adesso, a 30 anni di distanza il tempo e il disinganno si stanno prendendo la loro rivincita. Questo piccolo mondo chiuso mi sta lentamente uccidendo dentro. Non aver timore Carlo, non sono un lamentoso depresso, tutt’altro, sto reagendo allargando i miei orizzonti. Da giovane facevo dei distinguo tra i miei simili separando i ricchi dai poveri, i buoni dai cattivi, quelli di sinistra da quelli di destra, i belli dai brutti. Poi da adulto ho capito che la vita non funziona così, non in funzione di una fiabesca distinzione tra bene e male. L’unica distinzione che oggi riesco a fare è tra open minded e narrow minded, ossia tra mentalità aperte e mentalità chiuse. In questi giorni passo alcune ore al giorno in compagnia del compianto Luciano Anceschi, cerco di studiare e capire le sue lezioni di estetica tenute nel suo ultimo anno di insegnamento all’Università di Bologna. Il tema è il seguente: “Che cos’è la poesia?”. E’ una domanda che gli esseri umani si pongono da oltre duemila anni. Il prof. Anceschi se l’è posta per oltre trent’anni senza mai riuscire a trovare una risposta univoca, per fortuna. Ti invio un affettuoso saluto. Sono nato a Trani 68 anni fa, ne sono andato via nel 1971. Ora sono un modesto pensionato.

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  5. Caro Carlo, io non ti conosco personalmente ma ti ringrazio infinitamente per gli scritti che ci regali. Hai una forza incredibile data da un anima ancora più sorprendente. Spero di leggerti nuovamente, presto!

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  6. È la prima volta nella vita che mi sembra che qualcuno abbia scritto al posto mio, in uno stile ineccepibile, tutta la verità della mia anima.

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  7. Resto sbalordito, attonito, sorpreso, emozionato da quanti mi hanno letto, da quanti hanno dedicato un minuto del loro tempo alla mia pagina e alle mie parole. Sono imbarazzato orgoglioso e spaventato. Se le mie parole, che hanno solo il fatto che seguono il mio cuore e sono scritte con sincerità sono così amate, mi fa riflettere.

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