
Vorrei dirvi che mi trovo bene in questo angolo e amo quello che sto facendo. Scrivere diventa sempre di più il mio progetto attuale di vita. Scrivere forte per accendere quelle luci, per aprire le porte e per far parte della vita. Scrivere forte per aprire ad altri un mondo che fa paura e che sembra strano, incomprensibile o malato. Ma io non sono malato, né incomprensibile se abbiamo un linguaggio condivisibile, se abbiamo fiducia reciproca, se abbiamo un qualcosa da condividere. Scrivere per raccontarvi la mia vita alla finestra. Perché alla finestra? Perché io guardo, osservo e non sempre posso condividere la vita di tutti. A volte mi sento in gabbia, altre volte mi sento affacciato ad un balcone, altre volte dietro i vetri chiusi. Posso cercare un perché. Ma io lo so il perché. Un perché difficile? Sì, spesso sì, molto. Difficile farsi capire. Poi difficile doversi sempre giustificare.
Riprenderei il mio cammino, sì, il cammino di Carlo nel suo mondo e nel suo modo, ma andare per le vie del mondo senza scendere e farne pienamente parte è difficile, è frustrante e poi a volte insulso. Io posso camminare, ascoltare, osservare, ma non posso essere autonomo, non posso avere i ritmi normali dei ragazzi della mia età, non posso andare in giro senza avere un tutor e quindi devo dipendere da qualcuno. La libertà di perdermi nelle strade, la libertà di incontrare e parlare con gente nuova, la libertà di partire da solo, di viaggiare, di poter sbagliare, è una cosa che non avrò mai. Posso portare il mio corpo in giro ma facendo leva su chi mi è accanto. Posso incontrare gente ma non condividere parole. Posso portare il mio corpo nella folla e poi voler andare via da quella confusione assordante. Posso incontrare amici che mi invitano e poi sentirmi escluso. Posso vedere gente che si diverte, che ride, balla e poi sentirmi diverso. Non voglio andare a feste in posti chiusi, le mie orecchie vanno in tilt, tutti parlano insieme e tutti urlano e poi la musica porta in me un’alterazione di un equilibrio già difficile. Non mi va di stare a contatto con gente che ha paura di me.
Poter rimanere a casa allora non è una gabbia, ma la vita. La gabbia si sgretola quando, avendo tentato il volo, mi rendo conto che è inutile voler vivere una vita che non mi appartiene, meglio vivere al meglio quella che mi appartiene, accettarla, promuoverla e difenderla. Qui io oggi con il mio dito che batte sui tasti, con la mia scrivania, la mia sedia e i libri, la musica, mi sento di vivere la mia vita.