Colti dall’uomo

Poi ho il mio dito pronto a scorrere veloce tra le lettere del PC. Ho un po’ il panico dello scrittore perché mi dicono parole importanti sui miei pezzi, io invece mi sento solo un ragazzo muto che scrive quello che gli passa per la testa per non farla riempire di troppe emozioni.

Piena è ora, la testa, della giornata di venerdì. Venerdì è iniziato da giovedì, quando un piccolo gruppo di amici si è incontrato per scegliere un regalo di compleanno per un loro compagno. Abbiamo riso e abbiamo fatto il conto degli spiccioli che avevamo, abbiamo ascoltato il desiderio di tutti di fargli un regalo che potesse riempirgli il cuore. Eravamo tutti pieni di amore in quel momento perché tra noi aleggiava qualcosa di magico. Siamo usciti e siamo andati in girio a cercare libri e bellezza da donare. Io ero felice. Felice di entrare in libreria e di seppellirmi nei viaggi delle parole scritte, delle fotografie e dei colori. L’odore della carta mi inebriava. I nostri volti continuavano ad avere il ghigno della complicità nel fare un dono gradito.

Così, quando venerdì mattina sono uscito di casa vestito a festa, nel cuore e nei vestiti, sono andato all’appuntamento con la voglia di leggere le emozioni sui volti di tutti. Eravamo al bar! Intorno ad un tavolo che Marco coscienziosamente aveva prenotato e organizzato. Lì l’allegra combriccola si è riunita. Marco ha spento le candeline e ha scartato il regalo. Si è emozionato, era felice nel guardare il libro d’arte che gli abbiamo preso. Volevamo regalargli bellezza ed emozioni, e ci siamo riusciti. Io ero felice del suo sguardo attento nel guardare le immagini che gli entravano dentro.

Poi gli amici sgangherati, goffi, muti, bizzarri con i loro tutor-amici sono riusciti, con l’amore, a vivere del tempo condito di amicizia e non di difficoltà. A vivere del tempo nel tempo della spensieratezza. Ognuno con il suo bagaglio, ognuno con la sua storia, ognuno con se stesso proiettato verso l’altro, ognuno dentro se stesso ma con le porte aperte, per uno scambio di emozioni che hanno creato un momento di vita felice.

Spero che, nel passeggio frenetico o rilassato del venerdì mattina per le strade del centro cittadino, il nostro fare, a chi ha avuto il tempo di guardarci, possa avere regalato un attimo di riflessione.

Ho sempre pensato che i luoghi della città, in tutti i suoi spazi, sono una palestra di comunicazione, sono una scuola a cielo aperto. Ognuno di noi è libero di camminare per le strade, chiuso nei suoi pensieri o aperto a guardare la vita. È facile essere attratti dalla pubblicità, dai rumori o dalle vetrine colorate. È facile essere coinvolti dai meccanismi di comunicazione di marketing. Più difficile essere colti dall’uomo. È difficile per tutti osservare oltre l’evidenza, oltre l’apparenza.

Ma noi eravamo lì con i nostri pensieri, le nostre difficoltà, le nostre emozioni. Non abbiamo colto sguardi pietistici per fortuna, ma spero che abbiamo testimoniato che si “può fare”, si “può essere”.