
Mattine con la luce che entra e ti porta l’energia della vita, pomeriggi in casa in attesa della sera, il buio che arriva presto ti impigrisce, fa venire la voglia di sprofondare nel divano e di mollare le tue membra avvolte dalle coperte ed andare in letargo. Ecco che arriva l’inverno. Ecco che giochi di luce ed ombra portano l’alternanza dei ritmi biologici.
Poter dire che amo stare in casa sembra essere un ripiego alla vita. Sembra essere, alla mia età, un nascondersi. Sembra essere un rifiuto al mondo. Per me, invece, poter trovare il mio equilibrio lontano dagli innumerevoli stress della strada e di tutto quello che inizia fuori dalla porta di casa è la mia vita, una delle mie vittorie. Amo uscire, andar fuori bighellonando con gli amici, o andare alla scoperta delle bellezze create dalla natura e dall’uomo, ma lo faccio cercando i miei tempi senza la necessità del dover fare necessariamente tutto in tempi veloci.
Tutto questo mi era ben chiaro, ma ha avuto la sua massima espressione durante la pandemia. Un giorno, ai primi di marzo, i miei genitori mi hanno detto che forse era prudente andarcene nel nostro rifugio fuori porta tra la natura e lontano dal paese. Ho pensato che erano esagerati, ma ero felice che finalmente esaudivano un mio desiderio, da tempo accontentato solo nel tempo estivo. Lì tra le mura del mio giardino sono rinato. Nonostante l’ansia per quello che stava succedendo ho vissuto una vita sospesa, una vita normale, una vita che mi si adattava. Poi tutto era idilliaco. Tutto era senza tempo, solo le luci e le ombre dettavano i ritmi della giornata, il mio fare era ben inserito nell’ avvicendarsi delle ore . Ho letto, studiato, ascoltato lezioni e ho poi fornito a me stesso la consapevolezza e la determinazione di voler vivere nei miei tempi, in modo da poter avere la forza e l’energia di fare.
Poi tutto porta qualcosa di buono. Poi tutto se analizzato ha due facce. Poi l’altra faccia è che quando con calma la vita è ripresa nel suo meccanismo quasi usuale mi sono trovato a dover accettare dei compromessi, mi sono trovato a dover rinunciare a vivere fuori porta, a dover sopportare mascherine, a dover avere paura di contagiarmi, ad aver paura di finire da solo in ospedale, a dover gestire l’ansia delle folle e degli assembramenti, ad accettare la paura dell’incoscienza della gente. Quindi che dirvi: io ho amato il tempo del “chiusi tutti” perché mi sentivo perfettamente a mio agio, ed invece ho ripreso a lottare contro il mio autismo e le mie ansie ora che si cerca di riappropriarsi di una vita che devo modulare attentamente per non soccombere.