Mando tutto a quel Paese

Poi gioia di riuscire a dire tutto.

Poi è finito il lockdown. Un giorno di libertà sembra nei cuori di tutti. La fine di una guerra. Il giorno della ripresa. Il giorno di un nuovo inizio. Speriamo. L’emergenza è passata, molto abbiamo rispettato le regole. Molti hanno stretto i denti per un bene comune, per un senso civico che è risorto. Mi chiedo se questo senso di appartenenza cantato dai balconi, inneggiato con le bandiere e sostenuto da tutti, grandi e piccoli, ricchi e poveri, continuerà. Le domande mi assalgono e le risposte mi arriveranno. Mascherine, guanti e distanza sociale: tre parole, tre concetti che sembrano determinare una nuova vita.

La paura di molti e l’incoscienza di altri vanno strette e a braccetto. Le strade poi si animano di mascherine e di incoscienti e io mi chiedo: tutto quel cantare l’inno d’Italia che è stato riesumato dai soldati in guerra dove è andato a finire? I buoni propositi sono già stati messi nel cassetto? Spero di no. Spero che tutti possano ancora sentirsi parte di una nazione consapevole e solidale.

Rifletto, nel mio vivere lontano, sulla mia vita in questo periodo. Parole mi escono fluide e i pensieri seguono il loro percorso sostenuti da letture e conferenze, dalla natura e dal silenzio, da una natura che mi incanta. Sono fortunato! Ho finalmente conquistato il mio tempo senza dovermi affaticare a vivere una vita proposta su un piatto d’argento ma nella quale, spesso, non sono a mio agio. Una vita di altri basata su altri modi di vivere e di pensare.

Porterò nel cuore questi giorni meravigliosi e lotterò per una mia nuova vita. Lotterò per mantenere stretti i nuovi equilibri. Lotterò perchè io possa essere fedele nel rispettare le necessità del mio silenzio, del mio fare autistico. Amo gli altri, amo studiare, amo le uscite con gli amici, amo il silenzio. Cercherò l’equilibrio dei nuovi ritmi e non voglio affaticarmi a rincorrere obiettivi troppo difficili e poco gratificanti. Ho imparato che lo sforzarmi a fare troppo non mi giova né al pensiero, né allo studio.

Poi un pensiero mi torna in mente: il sentire continuamente persone che lamentano il peso di rimanere in casa, il peso di rispettare comportamenti nuovi e diversi dalle proprie inclinazioni, mi sembra quasi di ascoltare me ogni giorno della vita. Ogni volta che vorrei dire qualcosa ma non ho nessuno che mi facilita, ogni volta che vorrei uscire ma non ho nessuno che mi accompagna, ogni volta che non posso per il semplice fatto che il mio vivere dipende dagli altri.

Mando tutto a quel paese così come fanno tutti in questi giorni, se ho qualcuno che mi facilita. Quindi forse la mia vita in questo periodo si corona di rosa perchè è normale o meno differente da quella di tutti e quindi mi sento meno in colpa.